venerdì 25 marzo 2016

The Lobster (2015)

the lobster, film, distopia, colin farrell, rachel weisz
Questa recensione stupisce me per prima, un po’ perché non mettevo mano a questo blog da un sacco di tempo, un po’ perché mi aspettavo che “The Lobster” mi sarebbe piaciuto, un po’ perché non mi sono resa conto di quanto non mi sia piaciuto finché non l’ho raccontato a mia mamma, trovandomi d’accordo col suo “MA CHE BOIATAAAA!”
Ero partita con le migliori intenzioni nei confronti di questo film: prima di tutto perché si può accorpare al genere “Distopia” che tanto amo e lo affronta da un punto di vista insolito, in più il cast è composto da bravi attori (Colin Farrell, Rachel Weisz, Léa Seydoux, Ben Whishaw, John C. Reilly). Non tra i miei preferiti ma di quelli che dovrebbero costitiure una sorta di garanzia (vabbè che se penso a quello che è successo con “The Counselor”...)
E insomma è Mercoledì sera, sono a casa del mio ragazzo, decidiamo di guardare un film e decidiamo per questo.
Comincia e già la fotografia è spettacolare: colori bellissimi, quasi innaturali, un’ambientazione pazzesca (l’Irlanda), inquadrature suggestive. Anche la regia si rivelerà piuttosto interessante, con dei rallenty strategici che associati alle musiche, piuttosto particolari al limite dell’inquietante, creano uno spettacolo audiovisivo che è un piacere sensoriale. Considerate poi che il regista Yorgos Lanthimos è greco, quindi offre un modo di concepire il cinema leggermente diverso da ciò a cui siamo abituati ma pur sempre facilmente fruibile anche per noi. E poi il protagonista dice che vuole venire in vacanza in Italia quindi c’è simpatia.
Veniamo però al dunque: cosa non ha funzionato? La cosa che non ho ancora menzionato, ovvero LA STORIA, che in un film non è un particolare da poco. In QUESTO film, con tutto l’ambaradan di immagini et musica che hanno messo su, una trama deboluccia avrebbe potuto facilmente essere mascherata, per una trama inconsistente il discorso però si fa più difficile.
Ho anche voluto essere buona e concedere il beneficio del dubbio, così ho fatto una breve ricerca per capire se “The Lobster” fosse tratto da qualche libro\racconto di quelli un po’ grottestchi-satirici-allegorici che è difficile trasformare in film ma pare che no, non ci sia neanche questa scusante.
Praticamente ciò che rende distopica la società di “The Lobster” è che è vietato essere single: il che, considerando che oggi (quasi) nessuno ha più voglia di sposarsi e mettere su famiglia, potrebbe apparire abbastanza distopico, però diciamocelo.. come nodo di una trama non ha un gran mordente.
Ricorda un po’ quei pensieri che si fanno da adolescenti quando si critica la gente che si fidanza a caso perché ha paura di stare da sola. Ci sta, l’avremo pensato tutti una volta o l’altra, ma è una “critica” un po’ debole su cui incentrare un intero film.

Torniamo ai nostri single: dal momento che questa condizione è inacettabile, tutti coloro che non hanno un compagno devono entrare in una sorta di clinica in cui incontreranno (si spera) l’anima gemella. Per farlo hanno un tempo limitato, che possono estendere partecipando a delle caccie interne; chi alla fine dei giorni a disposizione non avrà trovato l’altra metà della mela verrà trasformato in un animale.
Per “invogliare” gli uomini a trovare moglie, ogni giorno una cameriera entra nelle loro stanze e gli struscia il sedere contro il pacco, ovviamente senza arrivare al dunque, e a chi osa masturbarsi viene infilata la mano nel tostapane (vabbè..). Non viene invece mostrato il metodo per convincere le donne a sposarsi, e già qui c’è del sessismo e non mi sta bene.
Purtroppo fidanzarsi non è così semplice: gli ospiti della clinica infatti non possono scegliere un partner a caso tanto per salvare la pelle, ma devono avere con lui qualcosa in comune. E con “qualcosa in comune” intendo proprio “qualcosa”, il che apre la porta ad una sequela di cazzate mica da poco: per esempio, vediamo uno dei ragazzi della casa prendere a testate il comodino per farsi sanguinare il naso e riuscire a sposare una ragazza che soffre dello stesso problema (vabbè).
Credete che stia scherzando? Nossignori, è proprio così.
Dopo aver visto una fanciulla zitella venire trasformata in un pony il nostro amico Colin capisce che si fa sul serio e che è ora di sistemarsi: decide di puntare la stronza della situazione, una donna di cui si dice che non provi assolutamente niente di niente, anche se secondo me un po’ di odio sparso qua e là lo provava.
Inizia a corteggiarla e sapete quand’è che lei capisce che sono fatti per stare insieme? Quando finge di soffocarsi e lui, vecchia volpe, non la aiuta (vabbè).
Comincia la loro vita insieme e Farrell inizia a mostrare segni di affettuoso cedimento, così la Stronza mette a punto un piano per testare la sincera stronzaggine di lui.
Cioè gli fa fuori il cane. Sadicamente. E poi glielo racconta nei minimi particolari. Lui abbozza per un po’ ma alla fine non resiste, così lei vuole denunciarlo alla direttrice per aver taroccato il matrimonio e parte l’inseguimento nei corridoi della clinica.
La cameriera strusciona per qualche motivo lo aiuta, così lui tramortisce la Stronza e la porta nella camera delle trasformazioni, poi fugge.
Ecco, la cosa mi era parsa così lunga che credevo il film fosse finito lì, invece scopro che manca un’ora abbondante. Diciamo che se fosse terminato sarebbe stato un film così-così ma che poteva avere senso, almeno avrebbe avuto una storia con un inizio e una fine.
Invece no, continua con dei collegamenti di trama molto poco chiari e a me ancor meno chiari perché facevo fatica a rimanere concentrata per più di 3 minuti di fila, perciò cercherò di farla breve.
Il protagonista si trova in una foresta abitata da persone (forse) fuggite a loro volta dalla clinica, e la cameriera è una loro infiltrata (aaaah, ecco perché l’ha aiutato!).
Ben presto si scoprirà che la società ribelle applica le stesse regole della clinica (caccia compresa) ma, al contrario, qui è assolutamente vietato provare sentimenti amorosi verso qualcuno.
E qua l’allegoria maccheronica l’avrebbe capita anche un bambino: gli estremismi sono sempre brutti (che sono anche d’accordo, però dai.. buttamela lì più sottile).
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Naturalmente Colin Farrell si innamora di Rachel Weisz e i due escogitano un codice segreto per non farsi scoprire dagli altri. Per fortuna quando vanno in città devono fare finta di essere sposati, così facendo finta di fare finta pomiciano un po’, finché a casa di Léa Seydoux esagerano e lei s’incazza.


Probabilmente è qui che quest’ultima inizia a sospettare qualcosa e architetta lo scherzone gotico: siccome la cosa in comune di Colin&Rachel non era un’affinità di carattere, non erano le stesse ideologie, non era il fatto che si piacevano e basta bensì il fatto di ESSERE ENTRAMBI MIOPI (vabbè), Léa porta l’amica da un oculista con la scusa di una visita e la fa accecare. Che simpaticona! E qui il problema non è che l’amica bastarda ti abbia accecata a tradimento, ma che ora non avendo più nulla in comune con l’amato non potrete più stare insieme. Da quel momento ho spento il cervello per un po’ finché l’ho riacceso che i due sono in un locale, lui va in bagno, dirige una penna verso l’occhio e taaac! schermo nero e fine del film.
Si sarà accecato per amore? Sarà morto nel tentativo di farlo? Avrà avuto paura e sarà fuggito lasciando lì l’amata non vedente?

Chissà, decidete voi il finale che completa meglio la serie di “VABBE’” di questo film.