domenica 11 dicembre 2016

Immortal Ad Vitam (2004)

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Ovvero: perché se sei un fumettista dovresti limitarti a fare il fumettista e non i film.
Scherzo, in realtà non credo tantissimo in questa affermazione, anche perché ci sono un sacco di registi che fanno solo i registi eppure non gli riesce bene, ma in questo caso il buon Enki Bilal non ha portato a termine la missione: trasferire sul grande schermo le sue stesse graphic novel.
Infatti l’aspetto particolarmente tragicomico è che, guardando Immortal Ad Vitam, mi sono detta: “È come se avessero dell’ottimo materiale per le mani ma non sapessero come gestirlo!” e, voglio dire, scoprire che il materiale era proprio opera di chi non ha saputo gestirlo bene fa abbastanza ridere!

Per altro io non so se questo film e le mille sottotrame che non portano a nulla possano essere capiti solo da chi ha letto i fumetti ma non me frega niente: se fai un film devi porre lo spettatore nelle condizioni di capirlo, oppure all’inizio ci metti un disclaimer grande come una casa con scritto “NON GUARDARE SE NON CONOSCI IL FUMETTO PERCHÉ NON CI CAPIRAI NIENTE” così almeno lo so e metto su qualcos’altro.

Cercherò dunque di spiegarvi in maniera più lineare possibile una trama che non è lineare neanche un po’.

Siamo a New York nel 2090equalcosa, in una società ultrafuturistica con le macchine che volano e il solito cartellone pubblicitario con le geishe, che dopo Blade Runner se non c’è un cartellone pubblicitario con la geisha non è fantascienza.
Qui vivono più o meno pacificamente umani, non umani e mutanti.
La protagonista è Jill, mutante interpretata da una bellissima Linda Hardy che coi capelli blu e un look cyberpunk sta da dio, ma a quanto pare i registi francesi amano prendere personaggi la cui immagine da sola ti farebbe tutto il film e trasformarli in boiate (ogni riferimento a Il Quinto Elemento è volutissimo).

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Per dire, prometteva benissimo

Nel cielo di New York si posiziona una piramide e ci viene spiegato che Horus è stato punito per non si sa quale malefatta e gli rimangono 7 giorni per sistemare le sue faccende dopodiché dovrà rinunciare all’immortalità.

Ok, fin qui ci siamo, abbiamo gettato le basi. La teoria degli egizi-alieni mi affascina sempre quindi sono positiva.
Torniamo a Jill, perché è intorno a lei che si intrecciano gran parte degli avvenimenti, molti dei quali non vengono mai chiariti.
La prima volta che la vediamo è assieme ad un gruppo di mutanti che sono stati arrestati (o rapiti? Boh) dalla Eugenetics Corporation, una lobby farmaceutica e amorale che vuole… no, non si sa cosa vuole, di conseguenza non si sa neanche perché venga contestata e perché abbiano arrestato Jill. Che poi arrestato… le case farmaceutiche arrestano la gente? Non lo so, forse nel futuro sì, fatto sta che prendono la nostra protagonista dalla chioma celeste e la affidano alle cure della dottoressa Elma Turner, ovvero Charlotte Rampling con un’improbabile pettinatura vinilica che su un volto così iconico ci sta come i cavoli a merenda.
La dottoressa esamina Jill e scopre che ha l’anatomia di una persona di 3 mesi, si affeziona a lei, nel corso del film la seguirà e la proteggerà ma non si saprà mai il perché. Si è innamorata? Si è affezionata? In realtà è viscida e ha uno scopo segreto? Boh! Preparatevi perché di “boh” ne leggerete parecchi…

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Ma si può?
Jill è particolarmente legata a John, un uomo con la faccia coperta di stracci che le fornisce delle pilloline blu le quali le cancellano continuamente la memoria rendendola sempre più umana. A fine film John le darà una pillolina rossa (ciaoooooo Matrix!) che la trasformerà definitivamente in una donna resettando ogni ricordo di quanto accaduto fino a quel momento. Sì ok, ma chi è John? Che gli frega a John di trasformarla in un’umana? Perché lei dice di amare John? Perché se uno entra in una certa stanza indossando la tuta da astronauta può trovare John che galleggia nello spazio? Boh!

In un film di questo genere non può mancare la deriva politica: qui abbiamo Kyle Allgood, un politico che però forse possiede anche la Eugenetics (ecco perché le case farmaceutiche arrestano la gente!) che deve negoziare con la piramide perché è convinto che sia lì per mandare a monte la sua carriera diplomatica. Boh! Contestualmente assegna all’ispettore Froebe il compito di indagare su una serie di omicidi e poi, ovviamente, di trovare Jill. Perché? Forse per quel famoso arresto? Boh!

Oh io non lo so se ad alcune di queste domande il film dia una risposta, magari ho avuto dei microsonni e me le sono perse, ma sono abbastanza sicura di no perché, se devo dire qualcosa in difesa di Immortal Ad Vitam, posso affermare che non annoia. Il problema è che succedono cose ma non si sa il motivo e fin dall’inizio si ha quella sensazione che no, gli avvenimenti non confluiranno e no, tutto non assumerà un senso.

E Horus?
No cari miei, non mi sono mica dimenticata di Horus! Ho deciso di lasciarvi la parte migliore per ultima…
Horus c’ha l’ansia perché tra un po’ diventerà mortale e quindi vuole procreare a tutti i costi.
Per prima cosa assume le sembianze di un falco, scende sulla terra e si impossessa del corpo di Nikopol, un sovversivo che si trova in prigione. Durante l’”evasione” Nikopol perde una gamba, così Horus lo piglia, lo porta alla fermata della metro, stacca un pezzo di rotaia ed emettendo raggi laser dagli occhi lo modella a forma di gamba. Sìsì, c’è la scena di Horus-fabbro che trasforma una rotaia in una gamba. È stato qui che ho cominciato a perdere fiducia nella pellicola. Ora vi chiederete giustamente voi, sei Horus e non puoi creare un arto umano dal nulla? Certo che potrebbe, ma non lo fa in modo da costringere Nikopol a eseguire i suoi ordini, poiché il poraccio da solo non riuscirebbe a camminare trascinando un quintale di lamiera.
Servendosi dell’avvenente rivoluzionario Horus vuole fecondare chi?? Ma Jill ovviamente!
Lei, che non lo sa, è una delle poche donne presenti sulla terra ad avere il potere di procreare con gli dei. Dopo averla abbordata, complice il carisma e la forza bruta da divinità, Horus\Nikopol ha con lei una notte di rapporti non del tutto consenzienti ed è qui che Enki Bilal ci fa capire che ha scritto la sceneggiatura per combattere un attacco di stitichezza.
Immaginate il quadro: Horus e Nikopol stravaccati sul letto con le mani dietro la testa in classica posizione post-sesso e l’umano che accusa la divinità di avergli fatto commettere uno stupro, con tanto di didascalico: “Tu pensi che le persone siano tue e di poterci fare quel che vuoi”. Sì, le femministe ringraziano, gli appassionati di cinema un po’ meno. La lite continua finché Horus, per far capire chi comanda, fa volare Nikopol contro il muro e questi risponde con “Horus, sei uno stronzo”.
Penso che quella sia la frase con cui Bilal si è finalmente liberato.
Da qui in poi l’argomento assume una connotazione trash-comica, con conversazioni tra Jill e Nikopol del tipo: “Ehi, ma lo stupratore che è dentro di te sta ascoltando la nostra conversazione?” BOH!

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Ordinari battibecchi
Last but not least, ogni tanto vediamo all’interno della piramide il dio Anubi e la dea Bastet che aspettano la fine di Horus giocando a Monopoli o a scacchi, da cui cito la frase topica: “Barando o non barando, Anubi?”
Ma barando de che?
Nota di merito per l’ignoranza con cui sono stati realizzati i corpi delle divinità: Anubi palestrato e una Bastet dal fisico degno di una modella di Victoria’s Secret. Ora, va bene che è la dea-gatto e i felini sono solitamente associati alla sensualità, ma dubito fortemente che gli antichi egizi avessero dei canoni di bellezza simili a quelli odierni. Ma forse il buon Enki ha mal interpretato il modo di dire “quell’attrice ha un corpo divino!”.  

Comunque tra una cosa e l’altra Horus riesce a far nascere il suo pargolo, Jill diventa umana e comincia una nuova vita, Nikopol finisce di scontare la pena e ritrova la donna. Tutto è bene quel che finisce bene.
Non ci avete capito niente? Ottimo, è come se aveste visto il film!