domenica 18 febbraio 2018

Her (2013)


her; joaquin phoenix; film; recensione; lei
Che palle!
Anzi, lo ridico meglio: CHE PALLE!
Basterebbero queste due semplici parole a recensire “Her”, anche perché non ho molto altro da dire. Si tratta quasi di una “recensione di film che non ho visto” dato che arrivare alla fine è stata un’esperienza ardua e ricca di distrazioni.
Io su “Her” avevo un sacco di aspettative, tra di noi poteva funzionare. Era tutto al posto giusto. Amo Joaquin Phoenix, amo Scarlett Johansson, amo Amy Adams e se me lo chiedete voglio molto bene anche a Rooney Mara e Olivia Wilde. E poi le tematiche: isolamento, malessere, tecnologia preponderante.
Insomma non c’era motivo per cui non dovesse andare alla grande. E invece niente. È stato come quando i tuoi amici insistono a presentarti quel ragazzo con cui hai un sacco di cose in comune, è bravo, non ha mai ucciso nessuno, non ha mai rapinato banche, non è neanche troppo brutto e però niente, se non scatta non scatta.
Tra me e “Her” è andata così, eppure ci abbiamo provato eh!
Il mio primo tentativo di guardare questo film si è svolto qualche mese fa, concludendosi con un clamoroso crollo davanti alla tv.

Ieri sera sono tornata sul luogo del delitto, più motivata che mai: mettere su un film col preciso intento di stare male e piangere tutte le mie lacrime man mano che la vita di Theodore va a catafascio. E niente, mi addormento di nuovo dopo mezz’ora, risvegliata solo dai gemiti di godimento di Samantha. Beh, mica male per essere una relazione uomo-computer!
E va bene, mi dico, sarò stata stanca anche stavolta.
Poi l’illuminazione: dovete sapere che sono un’avida consumatrice di video ASMR, un’abitudine per la quale la maggior parte della gente che mi conosce mi considera pazza (cioè, non solo per questo, ma anche) e che consiste nel rilassarsi, e di conseguenza addormentarsi, grazie a video nei quali le persone sussurrano, parlano dolcemente, fanno movimenti calmi eccetera. Quindi, non è che sto film, in cui per la maggior parte del tempo vediamo Joaquin che va in giro da solo accompagnato dalla voce soave di Scarlett, mi provoca un involontario effetto ASMR?
Forse: e allora ci riprovo una terza volta, questa volta di pomeriggio, con la luce accesa e nessun motivo per abbandonarmi tra le braccia di Morfeo.

joaquin phoenix; her; lei; scarlett johansson
Che mestizia
Purtroppo, anche da sveglia, arrivare in fondo è stata un’agonia. 
Quello che mi è rimasto di “Her” è solo la trama, gli avvenimenti meccanici, ma zero emozione. Zero senso di smarrimento, zero malinconia per uno che si innamora del proprio sistema operativo.
In pratica si riassume così: uomo separato ma ancora innamorato della ex moglie intraprende una relazione col proprio computer; il computer, per rispettare meglio lo stereotipo della donna, è gelosissimo, si sente in difetto perché non ha un corpo, è pronto a tutto per tenersi l’uomo che ama; quando finalmente lui è innamorato al 100%, è il computer-donna ad abbandonarlo, perché oltre a parlare con lui parlava con altri 8500 uomini ed era innamorata di altri 641 (o cifra simile).
Sul finale, tentativo di riflessione sulla sostanziale inutilità della monogamia, che l’amore si moltiplica e non si divide, che posso essere tua ma anche di altri. Concetti con cui sono per altro d’accordissimo però dai… me li butti lì in 5 minuti, senza un approfondimento, una conseguenza, una crescita nei personaggi?

olivia wilde; her; lei; scarlett johansson
Ehi, non è che mi scopi e poi non mi chiami più? - Ma vallààààà

Theodore sceglie alla fine la strada più sicura: mettersi con una donna in carne ed ossa, che è sua-e-solo-sua, vecchio flirt sfociato in amicizia, quelle cose banali di quando ti accorgi che la persona giusta per te è sempre stata davanti ai tuoi occhi ma non la vedevi proprio perché era lì.
La mia strada più sicura, la prossima volta, sarà scegliere meglio il film da guardare, e non farmi travolgere e fregare dall’entusiasmo generale.
“Her” purtroppo è uno di quei film di cui non si vorrebbe mai parlare male per non sembrare ignoranti, per non far sembrare che sei tu a non averlo capito, perché ha tutte le carte in regola per essere un bel film drammatico, riflessivo, che tocca temi importanti, intellettuale.
Però penso di essermi suzzata abbastanza film distopici, fantascientifici, sul rapporto uomo-macchina e uomo-tecnologia per poter dire che questo preciso film mi ha fatto due palle così.
Il suo problema principale è che gli elementi sono distribuiti male. Posso accettare che un film sia lento fino all’inverosimile se ogni secondo è pregno di emozione, di pathos, dramma, se mi trasmette qualcosa. Posso accettare una trama non così originale (il finale in cui è l’OS a scaricare l’uomo era te-le-fo-na-tis-si-mo) se la caratterizzazione dei personaggi è intensa e mi permette di identificarmi, oppure se la pellicola ha un buon ritmo e mi intrattiene.
Quello che non posso accettare da “Her”, finito l’incanto di un’estetica bellissima, è che sia lento, che si regga su una trama non così originale, tramite la quale l’emozione arriva e non arriva e, infine, che i dialoghi siano pochi e per la maggior parte banali. Ma non quel tipo di banale che permette di immergersi nella vita quotidiana dei personaggi (quante banalità diciamo ogni giorno?) ma che rimane semplicemente qualcosa di irrilevante.
Cosa mi ha dato questo film? Niente, ma forse me lo riciclo per quando non riesco a dormire.
E da insonne cronica è un super complimentone!