mercoledì 8 maggio 2013

30 Giorni Di Buio (2007)

Questo è uno di quei film di cui “sentivo” che non mi sarebbero piaciuti. Non mi ha mai ispirato quando era uscito al cinema e l'ho allegramente ignorato per gli anni a venire. Fino a oggi. O meglio fino a ieri sera, quando mi sono decisa a guardarlo.
Premetto subito che:
-generalmente non amo i film ambientati in mezzo alla neve con la gente tutta imbacuccata vestita uguale perché li trovo piatti;
-generalmente non amo i film con gruppi di persone isolati dal resto del mondo;
-generalmente non amo i vampiri che si muovono in branco.

Nonostante questo ho cercato di non farmi influenzare e giudicare il film nel modo più obiettivo possibile, e l'obiettività mi dice che “30 giorni di buio”, se non è addirittura brutto, è se non altro inutile.
Durante il suo svolgimento incappiamo in tutti i cliché che ci possiamo aspettare. Si sprecano i momenti di “Voglio venire con te” “No, è meglio se tu resti qui” di quando si architettano stratagemmi per scappare dai nemici. Come in TUTTI i film di gente che si rifugia in gruppo da qualche parte, salta fuori il vigliacco pronto a sacrificare tutti gli altri per sé stesso, così come salta fuori quello che vuole separarsi dal clan e si mette a litigare con uno che non è d'accordo. Inevitabilmente interviene un terzo personaggio che li ferma (di solito sbattendone uno contro il muro) al grido di: “Se litighiamo tra di noi facilitiamo le cose a loro”. Non manca ovviamente neanche la bimba-vampiro, perché i bambini mostro fanno sempre più impressione e mettono sempre più malinconia dei mostri adulti.
La trama principale è attraversata da continui riferimenti alla separazione tra il protagonista Eben (ma che nome è?) e la moglie Stella: non verrà però mai chiarito perché avessero litigato, tranne un micro riferimento al fatto che lui non volesse figli, e tanto meno verrà chiarito che utilità abbia questa vicenda ai fini del film. Sarebbe stato meglio, invece, inserire qualche accenno al perché questi vampiri abbiano deciso di arrivare proprio lì, e che ruolo abbia avuto in questo quella specie di barbone che viene arrestato all'inizio. Si capisce che probabilmente è stato lui a condurli a Barrow e che vorrebbe essere “preso” da loro, ma il tutto finisce lì.
I vampiri (non vengono mai definiti così, ma le caratteristiche corrispondono) stessi sono privi di personalità e non hanno un'immagine accattivante: le facce ultra deformate al computer sembrano gli omini di The Sims quando ci si diverte ad estremizzarne i lineamenti, l'urlo acuto che emettono è irritante.
Siamo arrivati a questo punto a un'ora e quaranta minuti di noia pressoché mortale, senza picchi nella trama, senza scossoni. La cosa più “traumatica” che succede è la morte della nonna di Eben e suo fratello, ma l'abbiamo vista talmente poco che non abbiamo neanche fatto in tempo ad affezionarci al personaggio e dispiacerci per la sua brutta fine.
Per fortuna però sta per arrivare la fine del film, e qui la minchiata delle minchiate: il protagonista, resosi conto che la sua condizione di umano lo rende troppo debole per contrastare i vampiri, preleva il sangue da un amico contagiato e in tempo 0 se lo inietta (nei film hanno tutti capacità infermieristiche e trovano subito la vena – cosa che nella realtà non riescono a fare gli infermieri veri), diventando vampiro pure lui ma senza perdere la sua coscienza umana.
Segue breve combattimento col branco di nemici, che sono circa una dozzina e non si capisce bene che fine fanno. Li uccide tutti lui da solo? Uccide il capo e gli altri si ritirano? Spaventa il capo e questi decide di arrendersi? Non me lo ricordo, probabilmente a quel punto la mia mente stava divagando. Fatto sta che vincono, nel frattempo sopraggiunge l'alba che lui e Stella guardano abbracciati finché il neo-vampiro viene carbonizzato dal sole (e devo ammettere che, almeno l'effetto delle sue ceneri che si librano nell'aria, è suggestivo).

Segnalo un altro highlight tipicamente americano: a metà film circa, uno dei sopravvissuti, ormai contagiato, decide di confessare al resto del gruppo che tutta la sua famiglia è morta in un incidente stradale e vorrebbe essere con loro ma non trova mai il coraggio di uccidersi, quindi quale migliore occasione di farsi ammazzare ora dagli amici, visto che rappresenta per loro un pericolo? (Da quel momento, per altro, Eben prenderà una certa confidenza con l'uso dell'accetta uccidendo chiunque senza pensarci due volte.) E insomma, anche il compitino romantico-strappalacrime-che ti fa pensare al senso della vita è stato espletato e siamo tutti contenti e commossi.

Per concludere, so che il film è stato tratto da un fumetto e ci saranno sicuramente i difensori accaniti che diranno che per apprezzare la trasposizione cinematografica bisogna averlo letto. Potrebbe essere vero, ma credo anche che quando si fa un film bisogna cercare di renderlo piacevole come tale, e “30 giorni di buio” è a parer mio noioso, non aggiunge niente che non sia stato già visto e (non) lo fa con tempi troppo lunghi risultando omogeneo dall'inizio alla fine.

2 commenti:

  1. Gran recensione. Concordo su quasi tutto e approvo tantissimo l'opinione sulle trasposizioni da fumetto (o libro, perchè no?!).
    Unica nota: mentre leggevo le premesse il mio cervello ripeteva in loop "la cosa di carpenter, la cosa di carpenter, la cosa....". Anche l'ambientazione più sfigata può originare capolavori.

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  2. Vero, per fortuna ci sono anche eccezioni! Concordo che il discorso vale anche per i libri!

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