Questo è uno di quei
film di cui “sentivo” che non mi sarebbero piaciuti. Non mi ha
mai ispirato quando era uscito al cinema e l'ho allegramente ignorato
per gli anni a venire. Fino a oggi. O meglio fino a ieri sera, quando
mi sono decisa a guardarlo.
Premetto subito che:
-generalmente non amo i
film ambientati in mezzo alla neve con la gente tutta imbacuccata
vestita uguale perché li trovo piatti;
-generalmente non amo i
film con gruppi di persone isolati dal resto del mondo;
-generalmente non amo i
vampiri che si muovono in branco.
Nonostante questo ho
cercato di non farmi influenzare e giudicare il film nel modo più
obiettivo possibile, e l'obiettività mi dice che “30 giorni di
buio”, se non è addirittura brutto, è se non altro inutile.
Durante il suo
svolgimento incappiamo in tutti i cliché che ci possiamo aspettare.
Si sprecano i momenti di “Voglio venire con te” “No, è meglio
se tu resti qui” di quando si architettano stratagemmi per scappare
dai nemici. Come in TUTTI i film di gente che si rifugia in gruppo da
qualche parte, salta fuori il vigliacco pronto a sacrificare tutti
gli altri per sé stesso, così come salta fuori quello che vuole
separarsi dal clan e si mette a litigare con uno che non è
d'accordo. Inevitabilmente interviene un terzo personaggio che li
ferma (di solito sbattendone uno contro il muro) al grido di: “Se
litighiamo tra di noi facilitiamo le cose a loro”. Non manca
ovviamente neanche la bimba-vampiro, perché i bambini mostro fanno
sempre più impressione e mettono sempre più malinconia dei mostri
adulti.
La trama principale è
attraversata da continui riferimenti alla separazione tra il
protagonista Eben (ma che nome è?) e la moglie Stella: non verrà
però mai chiarito perché avessero litigato, tranne un micro
riferimento al fatto che lui non volesse figli, e tanto meno verrà
chiarito che utilità abbia questa vicenda ai fini del film. Sarebbe
stato meglio, invece, inserire qualche accenno al perché questi
vampiri abbiano deciso di arrivare proprio lì, e che ruolo abbia
avuto in questo quella specie di barbone che viene arrestato
all'inizio. Si capisce che probabilmente è stato lui a condurli a
Barrow e che vorrebbe essere “preso” da loro, ma il tutto finisce
lì.
I vampiri (non vengono
mai definiti così, ma le caratteristiche corrispondono) stessi sono
privi di personalità e non hanno un'immagine accattivante: le facce
ultra deformate al computer sembrano gli omini di The Sims quando ci
si diverte ad estremizzarne i lineamenti, l'urlo acuto che emettono è
irritante.
Siamo arrivati a questo
punto a un'ora e quaranta minuti di noia pressoché mortale, senza
picchi nella trama, senza scossoni. La cosa più “traumatica” che
succede è la morte della nonna di Eben e suo fratello, ma l'abbiamo
vista talmente poco che non abbiamo neanche fatto in tempo ad
affezionarci al personaggio e dispiacerci per la sua brutta fine.
Per fortuna però sta per
arrivare la fine del film, e qui la minchiata delle minchiate: il
protagonista, resosi conto che la sua condizione di umano lo rende
troppo debole per contrastare i vampiri, preleva il sangue da un
amico contagiato e in tempo 0 se lo inietta (nei film hanno tutti
capacità infermieristiche e trovano subito la vena – cosa che
nella realtà non riescono a fare gli infermieri veri), diventando
vampiro pure lui ma senza perdere la sua coscienza umana.
Segue breve combattimento
col branco di nemici, che sono circa una dozzina e non si capisce
bene che fine fanno. Li uccide tutti lui da solo? Uccide il capo e
gli altri si ritirano? Spaventa il capo e questi decide di
arrendersi? Non me lo ricordo, probabilmente a quel punto la mia
mente stava divagando. Fatto sta che vincono, nel frattempo
sopraggiunge l'alba che lui e Stella guardano abbracciati finché il
neo-vampiro viene carbonizzato dal sole (e devo ammettere che, almeno
l'effetto delle sue ceneri che si librano nell'aria, è suggestivo).
Segnalo un altro
highlight tipicamente americano: a metà film circa, uno dei
sopravvissuti, ormai contagiato, decide di confessare al resto del
gruppo che tutta la sua famiglia è morta in un incidente stradale e
vorrebbe essere con loro ma non trova mai il coraggio di uccidersi,
quindi quale migliore occasione di farsi ammazzare ora dagli amici,
visto che rappresenta per loro un pericolo? (Da quel momento, per
altro, Eben prenderà una certa confidenza con l'uso dell'accetta
uccidendo chiunque senza pensarci due volte.) E insomma, anche il
compitino romantico-strappalacrime-che ti fa pensare al senso della
vita è stato espletato e siamo tutti contenti e commossi.
Per concludere, so che il
film è stato tratto da un fumetto e ci saranno sicuramente i
difensori accaniti che diranno che per apprezzare la trasposizione
cinematografica bisogna averlo letto. Potrebbe essere vero, ma credo
anche che quando si fa un film bisogna cercare di renderlo piacevole
come tale, e “30 giorni di buio” è a parer mio noioso, non
aggiunge niente che non sia stato già visto e (non) lo fa con tempi
troppo lunghi risultando omogeneo dall'inizio alla fine.
Gran recensione. Concordo su quasi tutto e approvo tantissimo l'opinione sulle trasposizioni da fumetto (o libro, perchè no?!).
RispondiEliminaUnica nota: mentre leggevo le premesse il mio cervello ripeteva in loop "la cosa di carpenter, la cosa di carpenter, la cosa....". Anche l'ambientazione più sfigata può originare capolavori.
Vero, per fortuna ci sono anche eccezioni! Concordo che il discorso vale anche per i libri!
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